24 Mar in ricordo di don Fausto Resmini
Don Fausto Resmini è morto nella notte tra domenica 22 e lunedì 23 marzo
Discorso di don Fausto Resmini durante la 2^ marcia della pace 17 novembre 2002
Dentro questa marcia della pace uno spaccato della vita e delle condizioni di molti poveri della nostra città e della provincia.
Poveri che stanno segnando fortemente la nostra quotidianità, le nostre giornate e rischiano di diventare invisibili a causa del l’indifferenza dell’egoismo e della scarsa sensibilità nei loro confronti. Basta pensare al problema del freddo e a quello di trovare un rifugio per la notte. È solo dell’altro giorno la morte violenta di un immigrato vittima di un pestaggio, vittima della miseria.
È la vita di strada soprattutto a far emergere questo dramma. Altri drammi invece restano dietro le mura di molte abitazioni della città. Abitazioni fantasma e abitazioni fatiscenti dove soprattutto gli immigrati vivono in condizioni disumane.
È la condizione di quotidiana emarginazione a porre seri interrogativi, all’accettazione tardiva del dramma della povertà da parte di molti della città.
Parlare di povertà è avere presenti i volti e le storie dei poveri. È prendere coscienza dei cambiamenti in atto. Infatti le povertà di oggi non sono più le povertà di qualche anno fa, ed è in atto una trasformazione delle condizioni di grave emarginazione, ma soprattutto bisogna affermare il diritto di chi soffre ad essere al centro dell’attenzione della cura e delle scelte della nostra città, per essere ascoltati in prima persona e non sempre per delega!
Sulla strada oggi si arriva quasi senza accorgersi, per caso, per sottovalutazione dei treni della vita certi di non avere avuto il tempo di prendere coscienza di quello che ci sta accadendo. Non solo, ma, si arriva indipendentemente dalla classe sociale, dalle condizioni culturali, dall’età, dalla nazionalità. Oggi il volto della strada si caratterizza sempre di più come il volto della normalità.
Il volto della povertà è sempre più giovane, è sempre più segnato dal dramma sociale di svuotamento di senso della vita e di indifferenza sociale verso chi fa fatica, verso coloro che quindi finiscono nei circuiti di marginalità.
Sono quei tossicodipendenti che falliscono ogni programma di recupero e reinserimento. Noi però facciamo ancora fatica ad accettare progetti di contenimento del danno e di riparazione dallo stesso.
Sono coloro che sono segnati da anni di convivenza con l’alcol e con i gravi problemi familiari.
Sono gli ex detenuti difficilmente riproponibili nei circuiti del mondo del lavoro e delle relazioni sociali.
Sono gli immigrati che la legge Bossi-Fini ha costretto e costringe a nascondersi perché, anche dopo anni di lavoro nero, sono stati lasciati per strada senza essere assunti e senza essere tutelati nei diritti fondamentali dell’essere persone e nell’essere lavoratori. Sono i clandestini che non sono riusciti ancora a regolarizzarsi e sono vittime delle tante suggestioni e tentazioni dalla città.
Sono ragazzi e ragazze costretti a prostituirsi.
Sono i diversi per cultura, psicologia, stili di vita, scelte e stanno poco a poco ripopolando la strada.
Dove eravamo noi quando certi processi degenerativi iniziavano?
Ascolto e accoglienza sono l’espressione del rispetto dell’altro, del rispetto della diversità.
C’è una considerazione che vorrei fare oggi, perchè rischia di diventare una spaccatura di grave emarginazione ed è il fatto che essere straniero, essere marginato, è ritenuto spesso sinonimo di essere criminale. L’accostamento è breve, è spesso questa cultura è dentro il sentire di molta
gente. Che ci siano, come ovunque, dei problemi riconosciamoli, ma far diventare il volto degli ultimi e degli immigrati come puro fattore dell’ordine pubblico, questo non è degno di nessuno!
Concludendo, i poveri quelli della strada, non sono un problema! Dobbiamo cercare di capirlo. Al contrario, se tutti noi lo vogliamo, possono essere per tutti noi una risorsa, una rivincita nei confronti della vita.